09/10/2021 Cansiglio

Distanza totale: 17 Km (6↑ 6↓ 5↔)
Altitudine massima: 1.520 m
Altitudine minima: 1.040 m
Dislivello assoluto: 480 m
Totale salita: 630 m
Totale discesa: 690 m
Tempo totale: 6h (soste incluse)
Presenti: Bruno, Carlo, Cippe, Cippols, Picco, Ivana, Letizia, Paolo.

Con questa uscita inauguriamo la stagione autunnale ideale per ammirare il foliage. La proposta lanciata da Cippols è per il Cansiglio, sopra il lago di Santa Croce, meta comoda e ad un’altitudine modesta. Partiamo comunque prestino verso le 6 e 30 e siamo in otto, un numero consistente, c’è perfino Paolo V., che da molto tempo non ci faceva compagnia. Fatta la solita colazione lungo la strada ci dirigiamo verso la piana del Cansiglio dove cerchiamo un posto per mollare le due auto. Ci sono numerosi camper, la maggior parte della gente è qui per via dei cervi, la zona infatti è rinomata perché in questa stagione i cervi vanno in amore e se ne possono incontrare con un po’ di fortuna all’alba o al tramonto.

Parcheggio auto. Quota 1040 mt.
Di fronte al golf club Cansiglio, in prossimità del rifugio sant’Osvaldo, saliamo a destra e lasciamo l’auto in uno dei numerosi parcheggi per lo più occupati dai camper, ci prepariamo e ci incamminiamo lungo una strada bianca in direzione sud mentra alla nostra sinistra ammiriamo quello che rimane dell’alba, una densa nube bassa di umidità che crea un panorama surreale, ma la cosa che più mi colpisce sono i bramiti dei cervi, nonostante siano le 8 e 30 ormai, si sentono nitidamente provenire dal bosco, sembrano i versi dei dinosauri di Jurassik Park, quelli erbivori ovviamente. La bruma copre tutto, anche questa ragnatela che stoicamente resiste al sovrappeso in attesa che il sole la asciughi, e rende il panorama a pelo d’erba surreale, da un momento all’altro potrebbe spuntare qualche fantasma. Percorriamo poche centinaia di metri fino ad alcune case dove un cartello molto evidente esprime il chiaro dissenso del proprietario a calpestare i suoi poderi, giusto, però magari metterlo prima sarebbe meglio, in ogni caso torniamo sui nostri passi e prendiamo un altro sentiero segnalato che sale dritto verso il bosco. Riguardando la mappa a casa effettivamente il nostro punto di partenza doveva essere casa Vallorch raggiungibile tramite una strada bianca poco più avanti di quella da noi presa, ma non importa ci siamo lo stesso. Il bosco appunto, eccolo prima che ci addentriamo, mostra i suoi fantastici colori caldi anche se siamo proprio all’inizio del cambiamento, il verde ancora predomina, ma già così è un bel spettacolo, senza dubbio è lui il protagonista oggi, questo immenso bosco di faggi. Appena entrati nell’ambiente oscurato dalle piante andiamo sinistra (0.45 km, 1100 m, 10′) il sentiero corre nella sua prima parte proprio sul limitare del bosco, ed in alcuni punti ci lascia intravedere il contrasto tra il mondo esterno e luminoso e quello interno e cupo. Pian piano gli occhi si abituano alla poca luce ed iniziano ad apprezzare maggiormente la meraviglia di questo sottobosco la cui caratteristica principale è il tipo di albero, centinaia di faggi, dritti e bianchi, l’abete in questo versante è raro. Lungo il percorso vi sono interessanti tabelloni di “Veneto Agricoltura” con spiegazioni su ciò che riguardava lo sfruttamento del bosco ai tempi della repubblica di Venezia (1404-1797), sulla strada del Runal utilizzata per portare i tronchi a valle, o sulle carbonaie utilizzate fino ai primi anni 50 del novecento, me li sono letti a casa riguardando le foto. Proseguiamo sempre dritti in un ampio sentiero fino a raggiungere il villaggio Cimbro Vallorch (2.48 km, 1118 m, 40′). E’ incredibile ma non ho scattato foto al piccolo villaggio, poche case caratteristiche tutte di legno, c’era un po’ di gente, forse ciò mi ha fatto desistere. Subito dopo il villaggio l’ex ristorante la Faja (2.55 km, 1130 m, 45′), antistante al quale un bellissimo prato verde e curato invita ad una sosta. Qui la traccia si fa un po’ labile, il sentiero in effetti devia a destra poco prima di raggiungere il ristorante, c’è una tabella ad indicare la direzione del sentiero naturalistico F1, ce ne sono diversi di sentieri naturalistici identificati ciascuno da una lettere. In ogni caso basta attraversare il bosco ben praticabile fino ad innestarsi nuovamente nel sentiero appunto situato dietro la struttura. Un’altra caratteristica di questo bosco è quella di munire i suoi abitanti di calzini di muschio, così sembrano, li hanno tutti, probabilmente per proteggerli dal freddo invernale, ha! ha! Proprio per individuare il percorso termporaneamente perso combino un pasticcio con l’orologio, lo metto per sbaglio in pausa per cui manca un pezzo di traccia, me ne accorgerò molto dopo, ma facendo un merge con il gps del telefono sono riuscito a ricostruire quasi tutto il percorso. Ad ogni modo dopo il Faja il sentiero si fa più ripido e si nasconde in una specie di canalone, sembra quasi il greto di un torrente. Ogni tanto le fronde degli alberi ci lasciano intravedere il cielo azzurro, immagino cosa può essere qui tra qualche settimana, i colori stanno appena appena virando verso le tonalità calde dell’autunno. Il sentiero naturalistico sbuca sulla strada bianca detta del Taffarel (4.5 km, 1320 m, 1h 50′) dopo un balzo di quasi 250 mt di dislivello, ma ora tutto diventa più facile, peccato per Letizia e Bruno che decidono di rientrare appunto per la strada prendendo verso destra mentre noi proseguiamo a sinistra. Sembra tutto molto facile ma ci aspetta ancora un ultimo tratto in salita anche se meno impegantivo del precedente, è qui che il bosco da il meglio di se, siamo un po’ più alti e già i colori sono più caldi, i fusti bianchi dei faggi sembrano equidistanti, regolari, come piantumati da una sapiente mano, quella della natura evidentemente. Improvvisamente la luce aumenta, il bosco finisce di netto (6.8 km, 1450 m, 2h 20′) si accede ad ampie radure prative, dolci pendii, verdi e nocciola, con il monte Pizzoc sullo sfondo. Si sale ancora, ci innestiamo nuovamente su una strada bianca indicata come H3 sulle mappe, superiamo alcuni ruderi, un piccolissimo agriturismo (Le Crode), un centro che scopriremo poi essere autogestito da alcuni studiosi per il censimento dei volatili in migrazione, e finalmente raggiungiamo l’apice, è qui la sorpesa più grande.

Sosta pranzo (7,7 km, 1500 mt, 2h 45′).
Non me l’aspettavo ma appena svalico mi si presenta davanti il Pelmo con una spruzzatina di neve fresca come lo zucchero a velo sulla crostata che rende così dolce la visione da lasciarmi per un attimo senza parole, rimango in silenzio, e mi godo la visuale ad occhi spalancati, poi mi riprendo esclamo qualcosa e guardo con calma tutto il resto. Si direi che questo è il posto giusto per fare la sosta pranzo, ci abbassiamo un pochino e ci adagiamo su un piccolo promontorio lungo il sentiero delle Piaie Longhe Millifret, nome interessante e complicato che scopro poi essere una riserva naturale integrale. Pranziamo indisturbati guardando il panorama, oltre al Pelmo, a centro foto l’Antelao è coperto da una nuvola mentre alla sua sinistra si scorge il Sorapiss, tutto a destra emerge la cima del monte Duranno. Un’altra nuvola decide di stazionare sopra le nostre teste proprio ora che siamo fermi, fa frescolino, mi metto addosso tutto quello che ho, ma ci metterò un po’ a tornare in temperatura. E’ ora di riprendere il cammino, poco più avanti ecco le reti per la cattura degli uccelli, poveretti ce ne sono alcuni imprigionati che cercano disperatamente di divincolarsi, ma ci pensano alcuni studiosi che fanno la spola avanti e indietro lungo le reti, tolgono e marcano gli uccellini per poi lasciarli alla loro destinazione, li incrociamo lungo il sentiero e ne approfittiamo per chiedere a cosa servono le reti, appunto per studiare le migrazioni delle varie specie. Prima di rientrare nel bosco un bel punto panoramico sul lago di Santa Croce e le foreste del Cansiglio poi ci immergiamo nuovamente nell’oscurità del bosco. Il sentiero scorre molto dolcemente lungo il versante nord-ovest del monte Millifret (1.581 mt) ed invita a chiacchierare piacevolmente visto che non ci si deve concentrare in faticose salite, siamo sempre immersi nei fitti boschi di faggio, ma su questo versante anche l’abete rosso è presente.  Raggiungiamo quindi una radura (12.8 km, 1.395 mt, 4h 40′)  con ampie visuali sulle Prealpi Bellunesi a destra, monti dell’Alpago al centro e gruppo Col Nudo Cavallo più a sinistra. Immagino la presenza di cervi a volontà in queste praterie un po’ defilate ed il mio pensiero è confermato dalla numerosa presenza di altane per la caccia, ne conto almeno sette attraversando il pianoro, non li capisco questi cacciatori, mi metterei invece ad osservarli nascosto in una di queste altane mentre brucano e bramiscono accompagnati dai meravigliosi e caldi colori autunnali. E’ ora di tornare nel bosco ci aspetta ora un lungo tratto in discesa. Oltrepassata la radura il sentiero piega bruscamente a destra, andando dritti si incontra il cippo ai partigiani caduti, attraversiamo la traccia denominata H3, e ci inoltriamo nel bosco (13.2 km, 1370 m, 4h 50′) sul sentiero naturalistico E. Incrociamo la strada del Taffarel (14.5 km, 1.330 mt, 5h 10′) in corrispondenza della quale inizia il tratto più ripido che termina alla fine del sentiero naturalistico E quando questo si immette sul sentiero che percorre il limitare del bosco sopra i piani di Cansiglio (15.9 km, 1.094 mt, 5h 30′) in un chilometro 250 metri di dislivello, infatti occorre scendere con cautela perché è molto ripido e si scivola facilmente. Prendiamo a destra ancora 1 km e raggiungiamo il bivio dove stamattina abbiamo svoltatao a sinistra, sotto di noi i parcheggi dei camper e delle auto pullulano di gente, molti sono qui per passare la notte con la speranza di riuscire a vedere i cervi più tardi al tramonto o al mattino presto all’alba, noi per il momento ci siamo accontentati di averli sentiti bramire.

Parcheggio auto (17 km, 1.040 mt, 6h).
Bravi tutti ed alla prossima.

P.S. Oggi prima di completare l’articolo e pubblicarlo ho dovuto adempiere ad alcune incombenze familiari: ho aggiustato il motorino che non andava più in moto (micro leva sinistra rotto, la soluzione è stata scambiarlo con quello della leva destra, ovviamente dopo aver smontato tutta la calotta); ho aggiustato l’idropulitrice che non dava più segni di vita (dello sporco aveva intasato l’ugello di uscita e questo mandava in blocco la macchina, un’ora per capirlo). Si lo so non ha nulla a che vedere con il contesto, ma sono così contento che ho voluto documentare.

Ciao a tutti

Leave a Response