28-29/02/2020 Amacata bisesta 2020

Amacata bisesta 2020 (giorno 1) 28/02/2020.

Distanza sentiero : 2,9 km (1,8↑ – 0,6↓ – 0,5↔)
Distanza forestale: 3,3 km (2,3↑ – 0,8↓ – 0,2↔)
Altitudine massima: 1635 m
Altitudine minima: 1235 m
Dislivello assoluto: 400 m
Totale salita: sentiero 401 m forestale -473 m
Totale discesa: sentiero -46 m forestale -97 m
Tempo totale: 1h 50′ (soste comprese)
Presenti: Bruno, Cippe, Fede, Ferdi, Paolo G., Paolo V., Pedro, Tride.

Si rinnova per l’ennesima volta la tradizionale amacata bisesta, la mia seconda amacata. Da mesi si discuteva sulla location, le opzioni su cui scegliere il bivacco Campestrin e Casera Bur, il primo molto bello visitato durante un’escursione sugli Sfornioi, la seconda vista di sfuggita durante un’escursione al Sasso Bianco. Dopo le opportune considerazioni decidiamo per Casera Bur perché è più vicina all’auto rispetto all’altra soluzione, inoltre la due giorni si svolgerà di giovedì e venerdì per essere sicuri di non trovare nessuno. Per sicurezza contatto anche l’ufficio turisitico il quale mi dice che non ci sono problemi di sorta. La domenica precedente al 29 con Bruno facciamo comunque un sopralluogo in un’altra malga, in località Tresche Conca sull’altopiano di Asiago, sarebbe comodissima, un’ora di macchina, strada che passa di fianco alla malga, ma le stanze sono messe un po’ maluccio e con Bruno decidiamo di lasciar perdere.

Caracoi Agoin. Quota 1240 mt.
Partiamo con calma giovedì mattina verso le ore 9, una bella tirata fino ad Agordo dove ci fermiamo per bere un caffè e per fare un po’ di spesa. Il più della strada è fatto, superiamo Alleghe e poco più avanti sulla sinistra attraversiamo il ponte che porta a Santa Maria delle Grazie, lasciamo anche il piccolo paesino ed inziamo a salire lungo la strada che porta a Caracoi Agoin. Subito dopo il paese superata una esse sulla sinistra ecco il cartello per Bramezza, Bruno che ci è davanti non lo vede, o forse si, proseguiamo fino a trovare uno slargo sulla destra dove ci fermiamo per organizzare le auto. Non ce ne rendiamo conto, almeno io no, ma proprio dall’altra parte della strada parte la nuova forestale verso Bramezza, che Pedro nota, il cartello visto più sotto è quello relativo alla vecchia forestale, un incubo. Sistemate la auto Bruno e Fede procedono verso Bramezza con il grosso del carico il resto della truppa verso Caracoi Agoin che raggiungiamo dopo dieci minuti. Quando arriviamo mi torna tutto in mente, il parcheggio auto, la segnaletica, il Civetta. Paolo è estasiato dal posto, dal panorama, vuole comprare casa, ma non trova un’agenzia aperta, che disdetta. Neppure il tempo di scaricare le macchine che Bruno ci informa che ci sta raggiungendo, lo hanno bloccato lungo la strada, lo aspettiamo e già le spalle inziano a dolermi al solo pensiero. Organizziamo un primo giro con l’essenziale, poi arrivati alla casera in base a ciò che troveremo decideremo cosa portare al secondo round. Non ci resta che incamminarci tra i ruderi di Caracoi Agoin. Siamo stracarichi, ognuno di noi porta due zaini, uno dietro ed uno davanti, ma il sentiero è bello per il momento, il primo intoppo arriva quando ci apprestiamo a superare il torrente Rue de Molin (0.7 km, 1304 m, 15′), in prossimità di una svolta a sinistra, qui sono evidenti i segni lasciati da Vaia, dobbiamo aiutarci passandoci gli zaini, il terreno è ghiacciato e sconnesso, le cadute non mancano. Proseguiamo per un tratto su buon sentiero fino al secondo intoppo proprio in prossimità dell’innesto sulla forestale che sale a Bramezza (1.1 km, 1375 m, 30′). Qui troviamo una serie di abeti sul sentiero, non sono lì per via di Vaia ma da chi sta facendo pulizia nei boschi, ad essi infatti sono collegate delle funi di acciaio che servono a trasportare i tronchi a valle. Proseguiamo sulla comoda strada che porta a Bramezza senza tuttavia rinunciare a fare qualche pausa per rifiatare e goderci il panorama. Giunti a Bramezza (1.7 km, 1452 m, 50′) in pieno centro è disponibile aperta a tutti 24h un’ampia fonte di acqua potabile, anche qui breve pausa per ammirare la contrada ed il Pelmo che spunta silenzioso e maestoso all’orizzonte. Superata la contrada sempre sulla strada forestale troviamo alla nostra sinistra una traccia (2.1 km, 1513 m, 1h 15′) che sale dritta e ripida, è un bellissimo canalone, sembra quasi una pista da bob dove al posto della neve ci sono gli aghi di pino, anche qui però troviamo degli ostacoli, i primi facili, qualche albero di traverso che superiamo passandoci sotto, poi più in alto il percorso si complica. Io decido di passare fuori traccia in mezzo al bosco, gli altri insistono sul sentiero incuneandosi sotto gli abeti dove rimane comunque uno spiraglio per passare anche se scomodo. Finalmente esco dalla zona dissestata ed essendo in anticipo sul gruppo che sento brontolare in mezzo agli alberi decido di andare avanti a perlustrare, ora la strada è bella pulita ed ampia e vedo davanti a me un’altra fonte d’acqua con un cartello in prossimità di un curvone verso sinistra (2.5 km, 1600 m, 1h 40′). L’istinto mi spinge a proseguire, superato un tratto molto ripido, l’ultimo, si apre davanti a me un panorama fiabesco, casera Bur, ci siamo, ma tentenno, torno indietro ad avvisare? Ma no perché, cammino veloce verso la meta, un’altra foto, con il Civetta che illumina di riflesso il versante ormai all’ombra, apro la porta, tutto ok. Poso gli zaini e torno velocemente verso i miei compagni che ritrovo in prossimità della fonte e a cui porto la lieta novella.

Casera Bur (2,9 km, 1635 mt, 1h 50′).
Entriamo, a sinistra ciò che una volta era la stanza adibita a fare il formaggio, il focolare ai suoi lati ha ancora i legni girevoli dove venivano appesi i pentoloni, mentre un varco senza porta dà accesso ad uno stanzino dove ci sono ancora gli scaffali in cui venivano riposte le forme.  A destra tramite una porta si accede alla zona cucina-pranzo dotata di stufa economica, un tavolo con due panche per otto persone, una credenza, e la scala che porta alla zona notte. Ovviamente non ci sono luce, acqua e gas, bisonga essere autonomi. La zona notte è molto rustica, non c’è nulla, qualche materasso leggero è tutto quello che offre, inoltre la parte sopra non è ben isolata dall’esterno, ci sono evidenti fessure ovunque oltre ad un numero non ben definito di alveari non popolati in questa stagione, insomma scaldare di sopra è impossibile. La prima operazione che organizziamo è l’accensione dei fuochi, tutti e due, cucina economica prima di tutto. Mentre i beati Paoli restano a presidiare la casera il resto dell truppa scende per un secondo giro a recuperare il resto di materiale dalle auto. Decidiamo di percorrere la strada forestale per capire se arriva fino a Bramezza perché se così fosse la risalita sarebbe molto più agevole, quindi arrivati al curvone con la fonte invece di andare verso destra sul sentiero teniamo la sinistra. Effettivamente la strada fa un ampio giro allontanandosi in un primo momento, ma poi dopo un secco tornate con un ulteriore incrocio riprende nuovamente verso Bramezza, molto più agevole per di qua, al ritorno seguiremo questa strada. Superiamo il ponticello sul torrente, molto più semplice senza gli zaini, e subito dopo c’è questo passaggio particolare e molto bello che all’andata non avevo fotografato causa impedimenti vari, infine all’altezza dell’ultima casa di Bramezza inquadro anche lo spalaneve predisposto per ogni evenienza con tanto di cavi per la batteria pronti all’uso. Quando arriviamo alle auto Ferdi e Tride, sono già arrivati. Ci ricarichiamo le spalle e via verso la casera prima che faccia buio. Mentre andiamo su una foto a testimoniare la devastazione provocata da Vaia in queste zone. Arrivati a Bramezza inzia il momento magico del tramonto, la luce è molto particolare, il Civetta ed il Pelmo sono spettacolari, ogni minuto cambiano tonalità. Purtroppo nel massimo splendore siamo ancora in mezzo al bosco, me ne accorgo da un fugace bagliore rosaceo che dura qualche minuto, eccolo penso fra me, è il momento topico ma sono nel fitto del bosco, e solo guardando il cielo in alto si nota il cambiamento di colore. Quando arriviamo alla casera è tutto finito, il sole si è già nascosto. Sono easusto. Mi sono portato sul groppone due zaini pieni di legna, credo 30/40 chili in tutto, e li ho sentiti tutti nonostante la breve distanza e le diverse pause. Mi scarico dal peso e con Paolo cerchiamo un posto per la notte. Non ci sono alberi in piano, bisognerebbe scendere fino alla fonte dove c’è ul bel pianoro, ma un avvallamento di fianco alla stalla sembra il posto ideale per adagiarsi, una specie di amaca naturale. Dentro la stalla troviamo delle assi di legno che utilizziamo per metterci sopra i teli di nylon. La cuccia è così composta: telo di nylon sotto, materassino, sacco a pelo, telo di nylon sopra. Preparato il letto torniamo dentro a predisporre la cena. Bruno è impegnatissimo con la polenta, sul fuoco ci sono anche lo spezzatino ed il pane per le bruschette. In sostanza la cena è composta da un antipasto di patatine,  bruschette e sopressa, primo piatto di spezzatino di cavallo, polenta e formaggi vari. Immancabili i bagigi, una bossa da 5 litri di vino, birre ed acqua. La cosa più bella in ogni caso è il dopo cena, quando ognuno di noi si lascia andare raccontando gli aneddotti più inusuali, magari aiutato da un buon sigaro, e così tra una risata e l’altra, tra chi si dispera e chi fuma, passiamo la mezzanotte e decidiamo che è ora di andare a dormire, qualcuno si dirige di sopra, altri escono alla ricerca del loro giaciglio nel buio della notte fresca ed asciutta. Abbiamo stimato un -7 facendo riferimento alla tempertaura di Alleghe indicata dal meteo, ma dopo circa un quarto d’ora mi sento a mio agio, il telo sopra di me è già coperto da migliaia di piccolissime goccioline prodotte dal mio respiro, sento i miei amici che si muovono in cerca della sistemazione ottimale, poi null’altro, il silenzio, il buio, sento che sto per addormentarmi, sarebbe un fatto eccezionale.

Amacata bisesta 2020 (giorno 2) 29/02/2020.

 

Distanza alla frana: 1 km (0,45↑ – 0,45↓ – 0,1↔)
Distanza per boschi: 2,8 km (1,1↑ – 1,1↓ – 0,6↔)
Altitudine massima: 1775 m
Altitudine minima: 1635 m
Dislivello assoluto: 140 m
Totale salita: frana 150 m – boschi 239 m
Totale discesa: frana -150 m – boschi -226 m
Tempo totale:frana 45′ – boschi 1h (soste comprese)

Credo che mi sarei addormentato se non fosse stato per il materassino improvvisamente sgonfio a causa della valvola di chiusura mal posizionata come scoprirò a casa con calma, il contatto con il terreno gelido mi ha risvegliato all’improvviso. Sono tornato in casera, ho rigonfiato il materassino, ma dopo un’oretta di nuovo giù. Bene, allora ho aspettato l’alba, ma anche lei forse stanca per la notte insonne non arrivava mai, colpa delle nubi che rendono tutto uniforme ed ovattato. Io e Pedro ci alziamo per primi, che fare ? Andiamo a prendere un po’ d’acqua alla fonte e a recuperare la cassetta di legna lasciata per strada ieri pomeriggio. Prima di partire una foto all’alba che si preannuncia spettacolare con quel morbido color rosa che fa da sfondo al Civetta, ma è un fuoco di paglia, le nubi avranno il sopravvento. Quando rientriamo sono tutti svegli. Pian piano riprendiamo le normali attività come accendere il fuoco, scaldare l’acqua per il tè, risistemare il posto utilizzato per dormire e visto che il sole proprio non ce la fa ad avere il sopravvento, non ci rimane che goderci una robusta colazione. I più volenterosi decidono per una scampagnata, quindi io, Ferdi che scalpita, Pedro, Fede e Tride, ci avviamo verso i tabià Forca. Dietro la casera  il sentiero sale abbastanza ripido, il fondo è reso infido dalla neve indurita, quasi ghiaccio. Procediamo con attenzione soprattutto in alcuni punti fino a raggiungere la cresta che si affaccia sulla frana del monte Piz (0.4 km, 1745 m, 15′) che ha provocato la formazione del lago di Alleghe e la cui ferita è ancora perfettamente visibile. Superata la madonnina il sentiero sale ancora sulla destra proprio lungo l’argine della frana, più avanti ci sono dei pannelli con indicazioni, panche e tavoli, ma oggi non è giornata per soffermarsi anche perchè si è alzato un bel venticello freddo e cade pure qualche fiocco di neve, siamo a 1800 metri circa (0,5 km, 1800 m, 20′). Il Ferdi vorrebbe raggiungere i tabià, ma alla fine decidiamo di tornare alla casera e provare a fare un giro dalla parte opposta dove dovrebbero esserci delle miniere di rame dice l’avvocato, prima di scendere una foto panoramica a Bramezza e Caracoi Agoin, entrambe visibili da quassù. Tornati alla casera si ferma anche Tride, io, Ferdi e Pedro invece continuiamo alla ricerca del rame perduto. Scendiamo fino alla fonte e poi a sinistra sempre dritti. Ovviamente non troviamo alcuna miniera, solo questi strani funghi di muschio e delle interessanti orme che procedono nella stessa nostra direzione, le seguiamo per un bel po’, poi desistiamo, ci guardiamo intorno alla ricerca del mitico leopardo delle nevi, ma non c’è anima viva, nulla, secondo me comunque trattasi di un felino, in ogni caso tra andata e ritorno ci facciamo 3 km, siamo pronti per il pranzo, il Ferdi però aveva ragione sulle miniere di rame, me ne sono accorto a casa guardando la cartina dove ho notato proprio sotto la casera, un bel po’ sotto, la scritta “bosco delle miniere”, l’ho sottolineato in giallo nella mappa. Tornati alla base anche se non è ancora mezzogiorno, lo spezzatino è caldo e quindi …. Consumato il pranzo, fatto un po’ di pulizia, rimesso in ordine e preparati gli zaini, siamo pronti per il rientro, ma prima foto ricordo davanti alla casera che ci ha ospitato. Il sentiero che riporta a Bramezza è proprio bello, un solco incastonato nel bosco, delimitato da alti e robusti fusti di larici ed  abeti che  hanno stoicamente resistito alla furiosa Vaia, il fondo ricoperto da infiniti aghi di pino sembra un gigantesco vascone di nutella spalmata con diligenza e pazienza da chissà quali enormi mani. Quando sbuchiamo sulla piccola contrada nonstante sia l’ennesimo passaggio non possiamo non fermarci, giusto per riposare un pochino e per scattare l’ultima foto. E’ proprio l’ultima perché un abitante del luogo, forse l’unico, esce sbraitando da casa imprecando verso il sottoscritto reo di essere munito di macchina fotografica e di scattare troppe foto sulla sua proprietà privata. Non lo cago minimamente, ma dopo aver scattato le foto, dopo aver accennato una risposta in inglese per tentare di fuorviarlo e per vedere come reagiva (male), me ne vado e mentre torno sui miei passi, la memoria torna al 2012, mi pare di ricordare la stessa scena, credo con lo stesso personaggio ed in sostanza nella stessa situazione … e sono sempre io il soggetto con cui se la prende.

Caracoi Agoin (3,5 km, 1240 mt, 1h 30m).
Tutto bene direi, anche questa amacata si è conclusa positivamente. Non ci resta che tornare verso casa, i nostri pensieri sono ovviamente rivolti alla nuova emergenza inutile negarlo, non ci resta che lottare, resistere, rispettare le regole e sperare che tutto finisca il prima possibile. Un caro saluto a tutti, andrà tutto bene.

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