29/12/2021 Monte Grappa invernale

Distanza totale: 11,2 Km (4,7↑ 5↓ 1,5↔)
Altitudine massima: 1755 m
Altitudine minima: 1190 m
Dislivello assoluto: 585 m
Totale salita: 676 m
Totale discesa: 672 m
Tempo totale: 6h (soste incluse)
Presenti: Cippe, Silvano.

Il monte Grappa è una di quelle cime a portata di mano da Padova, nonostante ciò mai vi ero stato prima di quest’anno, è la quinta volta che ci salgo, la prima in veste invernale, o quasi, visto la scarsità della neve, in alcuni punti però abbiamo usato i ramponi per la presenza di neve dura e ghiaccio, le ciaspole invece tenute sul groppone per tutto il giro. Camminare in questi luoghi è sempre emozionante, suggestivo, nostalgico, qui la storia ha lasciato uno dei suoi ricordi più tragici, ogni passo va effettuato con rispetto per chi ha calpestato questa terra con ben altri scopi del puro divertimento, una preghiera ed un saluto a tutti coloro che qui hanno lasciato il loro corpo.

Baita Camol. Quota 1190 mt.
L’obiettivo è raggiungere malga Murelon lungo l’alta via degli Eroi nel versante ovest tra il col de l’Orso (1670 m) ed il monte Salarol (1672 m). Per raggiungerla abbiamo pensato di partire da cima Grappa, ma superato Campo Croce ed arrivati a baita Camol la strada è chiusa e lì ci fermiamo. In inverno per salire al Grappa è necessario utilizzare la SP148, l’unica via mantenuta aperta dopo le prime nevicate e che parte da Romano d’Ezzelino, spero di ricordarmelo. Detto ciò non ci scoraggiamo, parcheggiamo l’auto, ci prepariamo e partiamo sul sentiero situato dietro la baita e chiaramente indicato da una tabella, in basso a sinistra sulla foto. In pochi minuti raggiungiamo forcella Camol (1200 mt, 0.1 km , 5′) e ci innestiamo sul sentiero 100 che sale da Santa Felicita e passa per Campo Croce. Camminiamo per un po’ in mezzo agli ultimi tratti di bosco, la nebbia che ci ha accompagnato fino a Bassano ormai è un ricordo ed un timido sole fa capolino tra i rami spogli dei faggi. In sostanza stiamo aggirando il monte Legnarola, dal versante sud-ovest in cui si trova baita Camol si passa al sud-est per poi proseguire in direzione nord verso il Grappa. Ampi spazi panoramici si alternano a giovani appezzamenti di bosco per lo più composto da faggi e qualche abete, qua e là si possono notare ruderi della grande guerra quasi sempre accompagnati da piccole gallerie scavate nella roccia, ma anche chiari segni di piazzole ricavate probabilmente per il posizionamento dei pezzi d’artiglieria, italiana su questo versante. Poco prima di forcella Legnarola il primo sguardo verso i colli asolani le cui guglie si fanno largo tra le nebbie. Forcella Legnarola (1320 m, 1 km, 30′) è situata poco sotto l’omonima cima ed è praticamente l’intersezione con il sentiero 97 che sale da Borso del Grappa. Da qui in avanti si cammina fuori dal bosco ed a vista in quanto la cima è già visibile (nord), verso destra (est) i colli asolani si alzano brufolosi dalla pianura mentre la dorsale inbiancata del monte Cesen (1570 m) spicca tra le cime e dietro ad essa spunta appena appena il Cimon del Cavallo (2251 m – Prealpi bellunesi – gruppo del Monte Cavallo-Col Nudo), verso sinistra invece (ovest) alcune sorprese, nella foto (parte destra) ad un certo punto sul profilo vi è una specie di ampio forcellone con a sinistra il Verena (2015 m) ed a destra il Meatta (1897 m) ebbene le montagne bianchissime che si scorgono appena nel forcellone sullo sfondo sono niente popò di meno che il gruppo dell’Adamello, impercettibili alla vista, solo con appositi strumenti (app) si possono individuare il corno di Cavento (3402 m) ed il Crozzon di Lares (3354 m). Più a destra nella foto tutto bello bianco il monte Asolone (1520 m) al centro della foto il Palon (2232 m – la cima più alta del gruppo del Pasubio) ben inbiancato, a sinistra le Piccole Dolomiti con la puntina bianca del Carega (2259 m – cima più alta dell’omonimo gruppo), il Monte Plische (1991 m – parte meridionale del gruppo del Carega) quello con striature bianche che scendono verso valle, mentre l’ultimo spuntone scuro a sinistra è cima Marana (1554 m) sempre Piccole Dolomiti. Dopo questo lungo ma doverso escursus proseguiamo con passo deciso nel dolcissimo pianoro che porta al Colombera, ma prima effettuiamo una breve digressione ad una malga (1.9 km, 1350 m, 55′) che spicca inequivocabile alla nostra sinistra in un pianoro definito nella carte con il nome Le Saline. Dopotutto siamo qui in perlustrazione quindi perlustriamo. L’edificio è ben ristrutturato, completamente nella parte destra, da finire a sinistra, ma nel complesso mi piace, non vi è però alcun riferimento per poter contattare il proprietario per un eventuale utilizzo, con Silvano immaginiamo a voce alta un bel weekend con le famiglie in questi meraviglioso prati che si affacciano sulla pianura inebriati dal buon vino ed improfumati dal fumo delle griglie, meglio procedere. Poco più avanti ecco un punto di osservazione favorevole verso il Colombera (1449 m) di cui si scorge la croce, un filino nero sotto la nuvola bianca, ma soprattutto il ripido ed aspro versante sul quale sale il sentiero 104 che mi piacerebbe sperimentare.

Monte Colombera (3,5 km, 1449 mt, 1h 30′).
Qui ci prendiamo una breve pausa, sgranocchiamo qualcosa, beviamo, ci godiamo il panorama dove il Cesen la fa sempre da padrone e studiamo la cartina. E’ appurato che il nostro obiettivo non è raggiungibile, cima Grappa sembra a due passi, è lì davanti a noi, quasi vien da allungare la mano per toccarla, ma ci aspettano altri 300 metri di dislivello, quindi un’oretta circa. Prima di andarcene una zoommatina verso nord-est, dietro al groppone inbiancato del Cesen, la punta più alta è il monte Cavallo (2251 m – prealpi Bellunesi gruppo omonimo) ora ben visibile, mentre la punta bianca più a sinistra nella foto è il col Nudo (2472 m – prealpi Venete catena dell’Alpago), in pianura invece i colli asolani attirano sempre la mia attenzione. La salita si fa ora più impegnativa, indossiamo i ramponi perché ci sono alcuni tratti di neve dura o ghiaccio, ci alziamo di quota anche se sembra non arrivare mai la cima pur vedendola lì davanti ed in effetti ogni tanto scompare in questo lungo saliscendi. Raggiungiamo il monte Meda (1616 m, 4.7 km, 2h 16′) breve pausa ma il freddo punge e camminare ci riscalda e poi quando leggi 15′ alla cima nuova energia irrompe e stimola a proseguire. Il sole è sempre più flebile, un leggero strato di nuvole ne affievolisce il calore che ci aveva accolto alla partenza, ma impreziosisce lo sfondo. Pochi passi ancora, ormai quest’ultimo tratto lo conosco a memoria ne riconosco le curve, i riferimenti, è fatta, davanti a noi si erge il sacrario.

Sacrario e cima monte Grappa (5,7 km, 1775 mt, 3h 30′).
Finalmente il Sacrario, è necessario prestare attenzione nel risalire i gradini, la neve è compatta e dura ed è facile scivolare. Con Silvano si decide di proseguire fino in cima e trovare un posticino per mangiare, intanto guardiamo l’ora, è sicuramente tardi per puntare al bivacco Murelon, ci godiamo quindi con estrema tranquillità il sacro luogo come dei veri turisti, pian piano arriviamo in cima, dove ci accovacciamo sulla gradinata destra baciati dal sole ed al riparo da un venticello fastidioso. Tra un boccone e l’altro consultiamo la cartina, ma l’obiettivo bivacco è da considerarsi definitivamente abbandonato. Il sole intanto è calato, le nubi sono aumentate e comincia a fare freddino. Rialziamo le chiappe, facciamo una capatina al Sacrario delle vittime austro-ungariche, e visto che ci siamo buttiamo un occhio su quello che doveva essere il percorso. Sulla cima a sinistra c’è l’osservatorio oltre il quale si trova l’abisso Spaurasso, mentre sulla dorsale di destra con direzione nord-est si sviluppa l’Alta Via degli Eroi, la prima gobba innevata è il Col dell’Orso (1670 m) al centro il Salarol (1672 m) ed il Solarol (1626 m) in coda e più a destra il monte Fontana Secca (1609 m) dietro al quale ma staccato spunta la cima innevata del monte Tomatico (1595 m). Il bivacco si trova nel versante ovest tra il Col dell’Orso ed il Salarol. Bene, torniamo sui nostri passi, un mare di nuvole tumultuose ricopre la pianura, un altro strato più in alto colora il cielo di rosa, viola e bianco, starei qui delle ore, guardare il panorama mi rasserena, mi rilassa e mi addolcisce. A questo punto ho un altro obiettivo in mente, la celletta 901 che continua a rimurginare nella mia testa. Dopo aver letto l’Angelo del Grappa mi ero ripromesso di toccare con mano la storia mi dirigo quindi con calma verso la lettera F, non ricordo il nome esatto solo la F, quindi la ricerca è minuziosa e paziente e viene premiata, eccola la Z in mezzo alle F, perché ? Leggete il libro ne vale la pena. Inequivocabile la sfumatura biancastra lasciata dalla modifica effettuata in loco evidentemente, sono felice come una Pasqua, posso rientrare soddisfatto. Un ultimo sguardo verso nord

Panorama dal Sacrario verso nord

una sequenza di cime ben note con le Pale di San Martino le dolomiti Bellunesi, Civetta, Agordine, Pelmo, Sorapiss, Marmarole, Antelao, Sfornioi, Bosconero, Gruppo della Schiara, fino all’Alpago, che ben di Dio, molte di queste ancora non le ho raggiunte, chissà se mai ci riuscirò, se lo scorrere del tempo mi lascerà un margine sufficiente affinché possa soddisfare questo desiderio. Lasciamo stare i pensieri e riprendiamo la discesa verso le nebbie, raggiungiamo la tabella del monte Meda nonché incrocio con il sentiero 180 ed anche Alta via degli Eroi nel quale ci incamminiamo. E’ proprio suggestivo camminare sopra le nubi illuminate dal sole. Scendiamo sul pianoro sottostante il Meda dove ci sono due laghetti ora ghiacciati e che in primavera viene ricoperto di Crocchi. Superiamo i laghetti e proseguiamo in discesa verso una serie di malghe la prima della quali alla nostra sinistra è malga Cason Vecio (1345 m, 8.6 km, 4h 55′) un centinaio di metri dalla strada. Tutto chiuso ovviamente ma facciamo un giretto di perlustrazione, sicuramente in estate qui si può mangiare, dalle finestre si vedono i tavolini con ancora sopra il numero come se il tempo si fosse improvvisamente fermato. Riprendiamo la discesa tenendo la sinistra fino alla malga successiva cioé Osteria Vecia (1261 m, 9.1 km, 5h 10′) comunque visibile dall’alto ed in prossimità della quale un’altra tabella indica la direzione per baita Camol. L’ultimo bivio poco più avanti (1258 m, 9.3 km, 5h 15′) qui prendiamo a sinistra lasciando il 180 e prendendo la strada bianca che riporta sulla sp 140 nonché strada del generale Giardino e quindi alla baita Camol.

Baita Camol (11,2 km, 1190 mt, 6h).
Non sembra vero, ma gli ultimi raggi di sole ci illuminano. Il tempo di cambiarci, di salire in macchina e ripartire pronti per una nuova avventura. Un grazie a Silvano per la compagnia, alla prossima.

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