28-29-30/07/2019 Dolomiti di Brenta

28/07/2019 Passo Grosté – Rifugio Brentei

Distanza totale: 8,2 km (2.8↑ – 3.7↓ – 1.7↔)
Altitudine massima: 2495 m
Altitudine minima: 2098 m

Dislivello assoluto: 1073 m
Dislivello totale: 505 m
Totale discesa: -761 m
Tempo totale: 3h 18′ (soste comprese)

Presenti: Cippe, Pedro.

Le dolomiti di Brenta, sono anni che ne parliamo di fare una due giorni, quando Pedro propone addirittura un triplete non si può dire di no. Incombe il giro sull’Adamello, ma non si può rifiutare. Alla fine siamo solo in due: io e Pedro. Pianificazione sofferta, non vi racconto tutto, sarei noioso, ma inizialmente doveva essere un sabato-domenica-lunedì, poi è diventato un domenica-lunedì-martedì perché non c’era posto nei rifugi. Comunque partiamo domenica mattina di buonora, sappiamo che il meteo è negativo, ma decidiamo di restare sul piano stabilito ed in base al tempo prendere il sentiero opportuno.

Passo Grostè. Quota 2442 metri.
In 3 ore circa di auto arriviamo a campo Carlo Magno nella parte nord di Madonna di Campiglio. Prendiamo la funivia fino al passo (13,20€). Proprio mentre saliamo ecco le prime goccioline di pioggia, il cielo è coperto, si decide quindi per il sentiero basso, il Benini lo faremo un’altra volta. Con il senno di poi ci si poteva fermare alla stazione intermedia e salire dal rifugio Grostè, arriviamo invece al passo, rinunciamo al sentiero Benini (305) e prendiamo il 316 che va dritto al rifugio Tuckett restando più o meno in quota, anzi scendendo leggermente. Al passo c’è un altro rifugio, privato, un po’ da vip diciamo, il rifugio Stoppani, costa un po’ di più rispetto allo standard CAI, ma offre servizi superiori. Il panorama è grigio, ma per il momento non piove ed è già una gran cosa. Partiamo con molta calma, non c’è fretta, percorriamo il 316 che scorre sui versanti sud di cima Grostè, campanile dei Camosci e cima Falkner, tutte coperte dalle nubi ovviamente. Alle nostre spalle la Pietra grande (la cima più alta, 2918), questa almeno è ben visibile. Mi dedico allora a fotografare verso il basso qualche fiorellino, ci sono delle splendide margherite di un giallo intenso. Passiamo l’incrocio con il 331 (0.93 km, 2398 m, 20′) altro sentiero che porta su al 305 o Benini, e proseguiamo dritti. Inizia a piovere, io mi copro, Pedro resiste, c’è comunque un po’ di gente in giro, anche qualche famigliola. Proprio in prossimità del Tuckett la pioggia si fa un po’ più insistente, giusto per farci fare una pausa.

Rifugio Tuckett (3,9 km, 2270 mt, 1h 26′).
Entro nel rifugio, bellissimo dentro, servizio superiore, da albergo, bancone bar, reception. Mi accoglie un ragazzo “Hi! Can I help you? Insomma a farla breve c’è posto in abbondanza, immagino che a causa del maltempo sia arrivata una pioggia di disdette. Torno fuori, breve spuntino e riprendiamo il cammino verso il Brentei lasciando il 316 e prendendo il 328 che si snoda sotto le punte di Campiglio scendendo prima verso i 2000 per poi risalire fino ai 2100 del Brentei. Dal Tuckett partono diversi sentieri. Uno sguardo alla bocca di Tuckett dove passeremo domani, tempo permettendo, poi riprendiamo a camminare sul sentiero 328. La pioggerellina intanto continua, debole e fastidiosa. Il Tuckett ormai è lontano, ne scorgiamo solo il tetto mentre alle sue spalle tra le nubi riusciamo a vedere qualche cima. Al centro della foto ed a sinistra della bocchetta di Tuckett cima Sella, con la punta tra le nuvole, così come cima Brenta alla destra della bocchetta. Il torrione sulla destra dovrebbe essere punta Massari. ‘Ndemo vanti. Continuiamo a scendere, il sentiero sempre docile torna a verdeggiare, ricompaiono i mughi e poi anche qualche larice. Siamo nel punto più basso, 2043 metri, corrispondente alla valle del Fridolin. Ci innestiamo nel sentiero 318 (5.6 km, 2043 m, 2h 22′) e riprendiamo a salire, sempre dolcemente, in direzione de Brentei quindi verso sinistra. Lungo il sentiero attraversiamo una specie di galleria naturale formata dalle rocce, galleria Bogani (6.7 km, 2048 m, 2h 52′) poco prima della quale mi accorgo di avere il gps in pausa, lo faccio ripartire (ho aggiunti circa mezzo chilometro al computo della distanza) troviamo qualche tratto attrezzato (solo per sicurezza), un piccolo nevaio,  e poi finalmente siamo in vista del rifugio.

Rifugio ai Brentei (8,2 km, 2182 mt, 3h 19′).
Arriviamo prestino, verso le 16. Il rifugio è popolato ma non eccessivamente, ci assegnano una stanza da due, tutta per noi. Il Brentei è un rifugio un po’ strano, entri e non si capisce dove andare, non esiste una reception, un bancone bar, entri in sala da pranzo e vedi un buco che dà verso la cucina, quello è l’unico punto di contatto con il personale. Gli addetti sono tutti giovanissimi, si conoscono tutti tra i vari rifugi e spesso fanno la spola tra Pedrotti, Alimonta e Brentei, così per passare il tempo e socializzare un po’. Ci siamo divertiti ad osservarli giocare, sentire i loro discorsi, guardarli lavorare, un po’ sempliciotti e poco attenti alla clientela, così sembrava. Come faranno a gestire il rifugio quando è pieno di gente ci siamo chiesti io e Pedro, sarà un casino. Domenica sera erano previste 20 persone, poca roba per loro abituati a gestire oltre 100 coperti. La cena non è male, 3 primi, 3 secondi e 3 dolci a scelta. Ce ne andiamo a dormire prestino, verso le nove e trenta.

29/07/2019 Brentei-Sosat-Bocchette Alte-Brentei

Distanza totale: 12.3 km (4.8↑ – 5.4↓ – 2↔)
Altitudine massima: 3000 m
Altitudine minima: 2182 m

Dislivello assoluto: 818 m
Dislivello totale: 1100 m
Totale discesa: -1150 m
Tempo totale: 9h 30′ (soste comprese)

Rifugio ai Brentei. Quota 2182 metri.
Speravo tanto di alzarmi con il sole, ma il cielo è invece ancora coperto anche se le nuvole sono alte ed il panorama dal rifugio è tutt’altra cosa rispetto a ieri e per quanto ne so io l’unica cima che mi dice qualcosa è la più alta a sinistra, la Presanella. Ci avviamo con calma, ci aspetta una lunga giornata, sono le 7 e 30 circa. Vicino al rifugio verso nord c’è il bivacco o ricovero invernale Catullo Detassis (0.1 km, 2190 m , 2′). Ci incamminiamo sul sentiero 323 che risale fino alla bocchetta di Molveno, noi in realtà ci fermeremo all’incrocio con il 305B o Sosat. Mentre saliamo alla nostra destra si erge il Crozzon di Brenta (3118 m) e spunta pure cima Tosa (3136 m). A sinistra le punte di Campiglio e cima Mandron (3040 m), di fronte a noi invece Cima Molveno e Spallone di Massodi, ma non sono sicuro. In poco più di 30′ raggiungiamo il bivio (1.1 km, 2410 m, 33′). Il Sosat parte proprio sotto cima Mandron e gira intorno alle punte di Campiglio. La parte inziale si sviluppa su un sentiero in piano, una volta raggiunta la propaggine delle punte di Campiglio inizia la parte ferrata con una prima scaletta. Si procede quindi tra roccette, sempre coadiuvati dalle funi nei punti esposti, e cenge ben percorribili. Si raggiunge l’estremità delle punte di Campiglio che si aggira in questo splendido passaggio (2.4 km, 2460 m, 1h 10′). Una volta superato se ci si volta indietro si può ammirare questo panorama che in ordine da sinistra propone cima di Molveno, degli Armi, la Torre di Brenta (3014 m), il Campanile Alto, cima Brenta Alta e Bassa. Il sentiero ora diventa più ostico, la presenza di ferro aumenta, staffe, corde, scalette, aiutano a passare da una cengia all’altra. Il tutto riassunto in questa foto. Qualche volta è necessario far passare i gruppetti che si incontrano, altre volte un inaspettato prato di fiori gialli ravviva il grigiore delle rocce o un tappeto di muschio verde sfida la dolomia in una gara al colore più acceso, ma anche un cespuglio di Saxifraga vuol dire la sua accompagnato da esili fili d’erba. Dopo le punte di Campiglio si aggira punta Massari superando una pietraia dopo la quale è visibile il rifugio Tuckett e dietro il Castelletto Inferiore (4.1 km, 2442 m, 2h 22′).  In realtà manca un bel po’ all’incrocio con il 303 ci aspettano ancora qualche tratto attrezzato, e qualche scaletta fino ad intercettare il 303 che sale dal rifugio Tuckett (5.24 km, 2325 m, 2h 53′). All’incrocio proseguiamo a destra verso l’alto sul 315. Ormai è ben visibile la bocca di Tuckett e l’omonima vedretta sottostante. Decidiamo di prenderci una pausa poco dopo aver iniziato la risalita, su degli ampi pietroni proprio di fianco al sentiero. Riprendiamo la salita tenendo la sinistra sotto il Castelletto Superiore. Poco dopo troviamo il vascone che raccoglie l’acqua del o dei rifugi, lunghi tubi neri partono dalla vasca e scendono verso valle.  Dietro di noi è sempre la Presanella a dominare il panorama al centro della foto. Il sentiero procede sempre sulla sinistra, ci sono anche dei tratti attrezzati, qualche staffa e delle brevi cenge, il tutto porta in prossimità della vedretta. Ad un certo punto bisogna salirci sopra, non c’è spazio per procedere sulla roccia. Sarebbero molto utili i ramponcini, ma li ho lasciati in macchina, noto però che non li ha nessuno, strano, sarebbero veramente utili e permetterebbero di procedere in sicurezza. Con titubanza dopo vari tentativi di proseguire sulla roccia ci spostiamo sulla vedretta, procediamo con cautela, non è molto ripido, ma non mi sento sicuro, Pedro mi suggerisce di utilizzare la piccozza, molto meglio. La salita si fa più diretta e sicura, pianto la piccozza e scavo con lo scarpone in modo che chi mi sta dietro abbia un appoggio più sicuro. Non mi rendo conto subito che dietro di me non c’è solo Pedro, una fila indiana approfitta dei nostri segni, insomma sto facendo da apripista, fantastico, ma ciò mi carica di una certa responsabilità, nessuno ha i ramponcini. La bocchetta è ormai vicina e la pendenza diminuisce.

Bocca di Tuckett (6,7 km, 2648 mt, 4h).
I due panorami dalla bocchetta, verso ovest e verso est. Prendiamo il sentiero 305 delle bocchette alte che sale a destra verso cima Vallesinella. Ogni tratto della via è dedicato ad un personaggio della montagna, questo tratto al Pedrotti. Dopo alcune roccette un breve tratto attrezzato permette di salire su un pianoro che porta sotto il versante di cima Vallesinella. Da qui è ben visibile la vedretta di Tuckett percorsa poco fa. Lo spettacolo è mozzafiato, ad ogni passo scatto una foto, intorno a noi la visuale cambia in continuazione regalandoci ogni volta sensazioni e gioie diverse. A destra della bocchetta i versanti di cima Sella e del Castelletto Superiore che chiude le fila. A sinistra i versanti di cima Vallesinella, cima Occidentale di Brenta e punta Massari, si intravede tra Vallesinella e Brenta il ghiacciaio dal quale scende abbondante l’acqua colorando di nero le rocce cariche di dolomia e concentrandosi in un’esile cascata d’acqua che con due salti prende la strada verso il Tuckett. Più saliamo e più il panorama si apre, tratti ferrati, scalette, pioli e cenge si alternano con continuità facendo a gara tra di loro per regalarci l’emozione più forte. Mi colpisce ad un certo punto questo masso, sembra in attesa di cadere, ma anche cima Sella mi impressiona, insieme al campanile di Vallesinella e cima Falkner dietro. La vedretta di Tuckett è ormai lontana, stiamo camminando sul filo dei 3000 girando intorno a cima Vallesinella, tra un po’ cambieremo versante lasciando per sempre questa meravigliosa visuale. Quando meno te lo aspetti un pianoro porta un po’ di tregua alle nostre fatiche. Ora è visibile anche il lago di Molveno, una bella cengia a tratti attrezzata gira intorno a cima Vallesinella, davanti a noi sono ormai visibili lo spallone dei Massodi e cima Molveno, sembrano vicine ma girato l’angolo davanti a noi si staglia questa parete, c’è gente sopra, realizziamo che dobbiamo passarci anche noi. Il tratto è completamente attrezzato e regala emozioni forti, c’è un passaggio ostico in prossimità di un nevaietto dove la corda non è tesa probabilmente per la variabilità dell’altezza della neve. Raggiungiamo la parete vista poco fa ed una volta superata una lunga cengia arriviamo finalmente allo spallone del Massodi.

Spallone del Massodì (9km, 2950 mt, 7h’).
Ci meritiamo una pausa. Siamo in compagnia. Mi piazzo nei pressi di un muretto a secco, dove ci sono dei ragazzi e mangiamo in compagnia. Le nuvole intanto stanno aumentando, ci rimettiamo in cammino. Lasciamo dietro di noi cima Brenta e la bocchetta alta dei Massodi superiamo il pianoro dello spallone e ci dirigiamo verso la bocchetta bassa dei Massodi. Davanti a noi cima Molveno, la tentazione di fare anche quel tratto che completerebbe il giro è forte ma siamo stanchi e decidiamo di rientrare. La discesa è un’intricata sequela di scalette e funi, con poche pause che portano in breve spazio dai 2990 dello spallone ai 2800 del bivio. Superato un primo salto si arriva ad un secondo strappo intervallati da una bella cengia, poi sono ancora scalette e funi con l’aggiunta di un po’ di nuvole basse. Giungiamo al bivio (9.6, 2796 mt, 7h 45′). A poca distanza da noi la bocchetta bassa dei Massodi, mi ricorda tanto la forcella Vanedel sulle Marmarole, 1h e 15′ per arrivare qui dallo spallone. Uno pensa è fatta ed invece la via ferrata De Tassis o sentiero 396, che da qui ha inizio, richiede ancora qualche sforzo essendo pregna di scalette piuttosto lunghe ed impegnative, alcune in contro pendenza. Eppure li sotto, in fondo in fondo c’è il nostro rifugio. Gli ultimi pezzi di ferro ci dividono dalla vedretta di Brenta. Una volta raggiunta la base la discesa è abbastanza agevole ma occorre fare attenzione a non scivolare sulla neve. Raggiungiamo il bivio (10.7 km, 2510 mt, 8h 40′) che porta al rifugio Alimonta (15′) a sinistra ed al Brentei (40′) a destra, sono più di otto ore che camminiamo ormai ma pian piano ci avviciniamo, uno sguardo alle spalle ed uno davanti, eccolo la in fondo il rifugio, ormai è questione di minuti.

Rifugio ai Brentei (12.3km, 2182 mt, 9h 30′).
Ci meritiamo una bella doccia ed una bella cena. Stasera è prevista parecchia gente al rifugio, sono curioso di vedere i ragazzi all’opera. Al tavolo conosciamo una coppia italiana che viene da Colonia, domani scalano il Campanile Basso, la sala è piena, hanno aperto anche una delle salette laterali. Servizio impeccabile, precisi e veloci, mi devo ricredere, bravi ragazzi, anzi ragazze, in sala sono tutte donne, in cucina non lo so, ma ho visto diversi uomini. Anche la cena non è male, buona. All’ingresso della sala troviamo un opuscolo che illustra il progetto per il 2020, con una nuova sala da pranzo tutta vetro con ampio panorama (approfondimento), fantastica, mi tocca tornare. In merito a questi lavori solite discussioni tra puristi e turisti, io sono a favore. Dopo cena, il tramonto ci regala ancora qualche emozione in questa favolosa giornata.

30/07/2019 Brentei-Bocchette centrali-Vallesinella

Distanza totale: 14 km (4.5↑ 8.3↓ 1.2↔)
Altitudine massima: 2800 m
Altitudine minima: 1513 m

Dislivello assoluto: 618 m
Dislivello totale: 1500 m
Totale discesa: -2300 m
Tempo totale: 7h 20′ (soste comprese)

Rifugio ai Brentei. Quota 2182 metri.
Ci svegliamo presto, partiremo puntuali. Alle 6 e 25 sono davanti alla sala. Prima però faccio una capatina fuori per vedere com’è il tempo. Che dite? Il panorama è limpidissimo, sembra di poterle toccare quelle montagne. Siamo in troppi davanti alla sala prima dell’apertura, anzi qualcuno è già entrato, il burbero cuoco di turno ci accoglie con un’eresia forte e chiara, ma i più sorridono anche se molti sottolineano. Colazione competa, dolce e salato, per tutti i gusti. Non c’è tempo da perdere, alle ore 7 siamo in marcia, il sole illumina le cime ed accende i colori fino ad ora spenti dei prati. Ci incamminiamo sulla val Brenta alta lungo il sentiero 318 che porta fino alla bocchetta di Brenta ed al rifugio Pedrotti. La valle è delimitata a destra dal Crozzon di Brenta, cima Margherita (la piramide sulla destra) e cima Tosa la cui punta compare più avanti, a sinistra dai Brentei, e dai due campanili Alto e Basso (zommata per inquadrare gli scalatori), il tutto chiuso dalla cima di Brenta Alta e Bassa con in mezzo la bocchetta di Brenta. La salita è assolutamente docile, il sentiero ampio e ben visibile. Non raggiungiamo la forcella Bocca di Brenta, la via delle bocchette centrali parte poco prima per raggiungere l’incrocio si supera uno sbalzo tramite un tratto attrezzato con staffe e le indicazioni per il rifugio Tosa. Una breve cengia, qualche roccetta, un nevaietto ed ancora qualche breve tratto con funi portano fin sotto l’attacco. L’inizio della via è segnato sulla roccia con un asterisco rosso e sono ben visibili funi e staffe sul primo tratto da percorrere (3 km, 2545 mt, 1h 35′).
Attaccato il primo moschettone la cengia mostra tutto il suo splendore. In sostanza stiamo aggirando cima di Brenta Alta, e ad ogni angolo, superata la roccia, c’è una sorta di spasmodica attesa, per vedere quale spettacolo ci sarà oltre. Si continua così per una mezzora, un susseguirsi di cenge, funi, rientranze e sporgenze, fino a giungere in vista dei campanili. Ancora una volta ci soffermiamo ad ammirare i coraggiosi che stanno scalando, io e Pedro abbiamo lo stesso pensiero “non lo farei mai”. A breve cambieremo vallata, scatto quindi un’ultima al panorama visto da qua. Il prossimo obbiettivo è la bocchetta del campanile Basso, a un tiro di schioppo, ma per raggiungerla è necessario superare delle roccette, qualche scaletta e dei tratti attrezzati, questo è l’ultimo, una volta superato si accede alla bocchetta, molto piccola, racchiusa dal Campanile Basso a destra e da cima Brenta Alta a sinistra, di fronte cima Brenta Bassa.

Bocchetta del campanile Basso (4.1 km, 2660 mt, 2h 40′).
A sinistra la parete da cui siamo arrivati, mentre dall’altra parte tutto sto ben di Dio che non riesco a decifrare. La via prosegue ora sul tratto dedicato ad Arturo Castelli, ovviamente sempre su cenge, funi e roccette, fino alla sfinimento, è un lento e gioioso logorio, delle forze e degli occhi che in alcuni momenti non sanno proprio dove puntare tanto è difficile la scelta tra le diverse meraviglie che si presentano innanzi. Il primo tratto scorre sui versanti dei due campanili per poi raggiungere il versante sotto la cima dei Sfulmini. Questo passaggio da un versante all’altro è molto spettacolare. Si cammina su una bella ed ampia cengia, assicurati al cavo, ed un bel salto di sotto. Le nubi basse che salgono da sotto rendono tutto più misterioso. E’ un infinito su, avanti e giù. In fondo si intravede il giro di boa, sotto la torre di Brenta, non sembra lontano, ma sono innumerevoli le rientranze da superare e le meraviglie da ammirare, a volte spuntano improvvisamente dalle nuvole, altre sono baciate dal sole, poi arriva l’ultima cengia, non lo sappiamo, solo il profilo di una scaletta che punta verso il basso fa supporre che è giunto il momento di scendere. Mi spiace scendere, un’ultima foto dietro di me, poi una in avanti, verso il rifugio Alimonta, il prossimo obiettivo. Le scalette portano direttamente sulla vedretta degli Sfulmini, ma prima bisogna scendere dalla bocchetta degli Armi, un bel salto.

Bocchetta degli Armi (5.2 km, 2749 mt, 3h 40′).
Il rifugio sembra a due passi ma sul cartello leggo 40′, leggo anche passo Grostè 9h, mi era balenato per la testa, notte allo Stoppani e poi tutta una tirata fino all’Alimonta, per fortuna non lo abbiamo fatto. Scendiamo lungo la vedretta dei Sfulmini, il panorama da quassù, nuvole, che ci sia il Messico li dietro? In 20′ minuti siamo al rifugio, in effetti quel 40′ mi sembrava un po’ esagerato a spanne (6.5 km, 2580 mt, 4h 15′). Non mi trattengo, almeno un rintocco lo voglio fare,  è assordante, poi entro nel rifugio. Molto bello l’Alimonta, è privato, dentro è curato, ordinato, pulito, ma soprattutto bello. Non mi piace molto la conca in cui è racchiuso, troppo opprimente, manca l’aria, anche se Cima degli Armi in fronte, cima Molveno a sinistra e Torre di Brenta a destra sono uno spettacolo. Dopo una breve pausa ristoratrice riprendiamo la discesa, ci aspetta un bel po’ di strada. Il sentiero 323 scende dalla bocchetta degli Armi fino ad incrociare il 396 (6.9 km, 2520 mt, 4h 25′) la via De Tassis, percorsa ieri, poi prosegue fin giù al Brentei, un ultimo sguardo alla parete che protegge l’Alimonta poi andiamo giù. In 30′ siamo al Brentei (8.5 km, 2182 mt, 5h 30′). Facciamo pausa, recuperiamo gli zaini che avevo lasciato al rifugio, sistemiamo tutto e ci rimettiamo in cammino verso il rifugio Casinei sul sentiero 318, percorso in parte il primo giorno. Con il senno di poi avremmo invece potuto scendere sul 391, che porta sempre al Casinei. Proprio mentre partiamo iniziano ad arrivare frotte di ragazzi, mai vista tanta roba, sono gruppi di 10/30 che si susseguono, non finiscono mai, ci dobbiamo anche fermare in alcuni tratti per il traffico, incuriosito ad un certo punto chiedo da dove vengono, “Calabria” mi risponde con orgoglio un ragazzo, e scherzosamente controbatto “spero non a piedi”, sorride. Ormai lontani salutiamo il Brentei, nostra dimora per due notti. La discesa è veramente lunga, inizia a fare anche un discreto caldo, raggiungiamo l’incrocio con il 328 (11 km, 2043 mt, 6h 20′) percorso il primo giorno e che arriva dal Tuckett. Siamo a quota 2043, nuovamente in mezzo al verde, un tripudio di fiori, e finalmente di alberi che con la loro ombra mitigano il calore del sole. Al rifugio Casinei (12.3 km, 1850 mt, 6h 40′) titubiamo un attimo sul sentiero da prendere, c’è il percorso delle cascate che è interessante, è un po’ più lungo, ma siamo stanchi, decidiamo per il 317 che scende diretto al Vallesinella.

Hotel Vallesinella (14 km, 1513 mt, 7h 20′).
Qui ci aspetta la navetta che ci riporterà a Campiglio, si vede appena nella foto ferma sulla sisnitra. Una volta arrivati a Campiglio dalla fermata della navetta all’auto abbiamo un’altra mezzoretta. Come abbiamo iniziato, finiamo, qualche goccia di pioggia scende e lava via le fatiche di giornata … magari. Siamo esausti, ma estremamente soddisfatti.

Bravi tutti, io e te Pedro. Dolomiti di Brenta promosse a pieni voti, veramente belle, faticose ma belle, da percorrere con calma, per non perdere le tante meraviglie a volte nascoste, è un attimo non vederle.

Ciao a tutti

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